Una regione non puoi certo giudicarla dopo venti giorni scarsi di permanenza. Ma un’impressione la ricevi comunque. Mi ha colpito la generosità, delle persone e della terra.
Una terra senza compromessi, dove il bello e il negativo di un Paese straripante di bellezza, ma afflitto da mali endemici insoluti da decenni sembrano concentrarsi.
Rifiuti troppo spesso abbandonati, case che aspettano chissà da quanto di essere completate accanto a una natura prorompente, a colori squillanti, alla campagna verde e quieta, a profumi intensi. Origano, acetosella, rosmarino, salvia e tante altre piante aromatiche assorbono tutta l’energia del sole per restituirla sotto forma di fragranze che stordiscono. Al ritorno da ogni escursione gli scarponi si riempiono dello “sciauro” di tutto quello che hanno sfiorato o calpestato.
Mi ha sorpreso la varietà dei paesaggi visitati: la prima tappa è stata Cavagrande del Cassibile, il canyon più profondo degli altipiani iblei, scavato dal flusso abbondante e limpido del fiume omonimo, un connubio di natura e testimonianze storiche scolpite nella imponente roccia calcarea della spettacolare Grotta dei Briganti, abitata da antiche popolazioni preistoriche e poi, in tempi non troppo lontani, dai briganti.

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